Storie di amori e di esorcismi
Un epico viaggio introspettivo nell’inconscio dell’esorcista più figo dell’etere.
Membro dei Nebula, un’organizzazione segreta che combatte le intrusioni angeliche e demoniache in nome dell’equilibrio, Abigail (detto Abi) dovrà scegliere tra l’amore impossibile per la sua Jean e le regole dell’ombra e della luce che ha giurato di servire. Una storia gotica in cui amori ed esorcismi si intrecciano a ritmo di musica, risse, citazioni, gag e filosofia da pub, tra lezioni di occultismo e ambientazioni metropolitane, in cui dramma e ironia convivono senza mai darsi tregua. Un mondo cyber-dark oscuro e bizzarro che incrocia poesia, fumetto, musica, citazioni, cinema, il tutto narrato con un linguaggio ruvido e slang, creando un’atmosfera frizzante e irriverente.
Dal diario del mio autore, prima pagina
Capitolo 0
Riassunto degli episodi precedenti
Capitolo 1
Capitolo 2
Pausa backstage
Capitolo 3
Pausa backstage
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Pausa backstage
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
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Playlist
Glossario essenziale
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Dio non fa giustizia. Dio crea i giustizieri.
Interno. Esorcismo qualunque in un giorno qualunque, solo un po’ più in avanti nel tempo, quindi quello che doveva accadere tra me e Jean è già accaduto da un pezzo.
La canzone che rantola nei corridoi ristretti dello stabile è Suicide Solution di Ozzy Osbourne, la prima della playlist che accompagna questo episodio.
La telecamera segue complice i miei passi mentre il tizio nella stanza vomita una verniciata nera di asfalto liquido fumante, poi la luce si spegne improvvisa e la notte avvolge l’ambiente in coperte di tenebra che l’universo ha ricamato a mano.
Il buio terrestre non è lo stesso dei regni inferiori:
c’è il BUIO dell’anima, il BUIO del cuore, il BUIO negli occhi…
Nel cerchio rosso al centro del pavimento c’è un vessel umano con dentro un demone di classe due bloccato da un sigillo vecchia scuola tracciato con il sangue di un redento.
La pioggia fuori sembra l’attacco phishing di una rete di dispositivi botnet che vuole entrare nel sistema.
Ancora stacco sui miei passi.
La voce di Dongri parte debole, quasi esitante e densa a causa del freddo che penetra dal perimetro: «Princeps gloriosissime cæléstis milítiæ, sancte Michaël Archángele, defénde nos in praélio…»
La prima regola è invocare l’arcangelo Michele, il capitano della nazionale angelica allenata dal vecchio capo.
Spalanco la porta dell’appartamento, deciso a prendermi la scena.
«Pace e bacon, ragazzi…»
Al momento non avevo colto il link tra gli eventi, ma devo aver colpito in pieno il don che si era piazzato a meno di un soffio di libeccio dall’ingresso perché il vecchio si spalma a terra con un doppio carpiato, cercando invano di resistere alle tentazioni della gravità.
«Lascia in pace il gloriosissimo, don. Non abbiamo bisogno del principe, oggi.»
«Dove diavolo eri finito?»
Aiuto il nonnetto a rialzarsi, senza mai mostrare il mio volto al pubblico. Capisco che siete impazienti, ma non è ancora il momento.
«Calma, don, che fretta c’è? Anche la mossa sbagliata richiede una certa maestria.»
«Ma perché ci hai messo tanto a entrare?»
«Prenditela con il mio autore: è lui che ha voluto questo ingresso ad effetto.»
Mi piazzo di fronte al decaduto, più lento di un portiere che si prende tutto il tempo prima di rilanciare lungo oltre la metà campo. Il posseduto schiuma come un rottweiler da combattimento a circa un metro da me, abbastanza lontano da non sfiorarmi e vicino quel che basta per sentire la sua anima stressata da giorni di possessione.
«È di terza classe, credo. L’avresti detto? Un terzo livello che si compromette in un corpo senza storia per una possessione senza scopo… non capisco cosa ci faccia qui un thaumiel. Non è stagione di caccia.»
«Non è un terzo livello…»
«Ma c’è tanfo di zolfo e morte…»
Interrompo il flusso del don con l’indice inibitore, come per dirgli che da questo momento ci penso io a gestire gli indizi.
«… E questa faccia da kebab non è un thaumiel.»
Nota: noi distinguiamo i DEMONI in base all’odore. Letame. Zolfo. Morte.
Non sono solo, avrete notato. Non sarebbe il primo esorcismo che conduco per conto mio ma questo è un incontro ufficiale, e per giunta fuori casa, per cui devo attenermi a certe regole se non voglio guai con l’Alto comando.
Ci sono io, c’è Miwa, c’è Zac e c’è Dongri.
Miwa si smalta le unghie di un giallo punk senza riflessi, Zac controlla segni non parametrici sul suo display e Dongri recita convinto un paio di salmi, tormentando a vuoto un aspersorio.
«Miwa, lanciami i componenti.»
La mia mano, protesa no look nel vuoto, aggancia una Desperados che Miwa mi passa meccanica.
«Sbucciala.»
Il vetro svanisce e torna rapido nella mia mano, stavolta privo dell’inutile tappo.
È questa la differenza tra un bravo esorcista e uno mediocre: l’alcool. Sono dettagli che fanno curriculum, in una vita al servizio dell’equilibrio. Ho già una Desperados calda che mi scorre nelle vene ma non basta, voglio di più. Dieci giri di shot pesanti trasformerebbero un giorno qualunque in un ricordo da incorniciare, ma ho troppi debiti in troppi bar in troppe città, e da una grande bevuta deriva sempre un grande conto da pagare, per cui devo arrangiarmi, improvvisare, farmi bastare quel che ho.
Non vedevo anima viva da tre settimane, e il primo contatto ravvicinato dopo più di venti giorni di isolamento è con un darkosauro che viene dal profondo Sud del nulla… Ma si sa, quando la tua vita è demoni più birra più cazzotti, le relazioni umane sono l’eccezione e, in ogni caso, uno come me non può permettersi di avere amici: chi diavolo vorrebbe un esorcista tra i contatti?
Niente da dire, e mai nessuno a cui dirlo.
«Guarda chi si rivede… Constantine, ahahah!»
L’idiota sa che i paragoni con il vecchio John mi fanno incazzare, ma stavolta non attacca.
La seconda regola di un esorcismo è non dare corda al qliphoth di passaggio. Anche se ci prendi gusto a scambiare due chiacchiere con lui prima di spazzarlo via, la prassi è lasciare che parli a vuoto.
«Da quanto tempo, Asmy.»
«Contento di vedermi?»
«Come no? Sono traboccante di namastè.»
«Ti credevamo fuori dal giro, Rain.»
La Desperados, prigioniera nella bottiglia, mi chiede uno strappo. Destinazione: stomaco, cervello, anima. La mano scorta il vetro alle soglie del mio volto per un sorso che rivitalizza i microprocessori in standby, e finalmente gli amici a casa possono vedermi: sguardo parafluido, posa astrovagante e quell’espressione, nera e piovosa, di chi sa di essere un corpo estraneo in un sistema che se la cavava bene prima di te e andrà fortissimo anche dopo. Ho l’aspetto tirato di un’auto appena uscita dal concessionario, lo sguardo di una vita insonne e i capelli da mossi a molto mossi. Sono bianco come un morto e più morto di un morto andato in bianco.
«Mi chiamo Abi, per tutti Abi.»
Il posseduto mi guarda come in un fermo immagine, gli occhi di chi ha già conosciuto almeno cento vite saltando da un corpo all’altro e il cuore più vuoto di una scuola dopo l’ultima campana.
«Scommetto che vuoi torturarmi per scoprire cosa abbiamo combinato alla tua Jean…»
Chiunque pronunciava questo nome invano, nei primi volumi, si ritrovava “a spalar carbone nelle officine di messer Satanasso”, come dice Tex nel numero 274 della serie regolare, ma oggi è un po’ diverso.
Mai FERIRE un uomo GIÀ FERITO.
«Se potessi vedere il mio MONDO dal CIELO, scoprirei che è soltanto una goccia di vita che imperla il parabrezza di Dio» recito triste come l’impiegato triste di un negozio di tappeti in pieno centro.
Il clown con cui ho a che fare è lo stesso che voleva impedire a Sara di unirsi a Tobia nel Libro di Tobia, capitolo sei, e qualcosa mi dice che è questa la ragione per cui hanno mandato lui nella mia zona: ai piani bassi non va giù che io sia ancora sulle tracce di Jean, nonostante i casini che la sventola mi ha combinato…
«SE c’è QUALCOSA di cui vuoi sbarazzarti, il passato è un buon inizio.»
Così diceva Dongri tempo fa, ma è successo in un periodo in cui nemmeno l’ascoltavo. Era la fase in cui le cose con Jean si erano messe male, parecchio male, e così mi ero messo in proprio. E dire che ero uno che rigava dritto, di quelli che avresti presentato alla famiglia, e all’improvviso divento un clone parodistico di Ted Bundy, un serial idiota con un serial problema…
Che poi, a dirla tutta, riuscite a immaginare una così, che sembra Barbie Luci di Stelle ancora integra nella sua confezione originale, che si fa vedere in giro con un tipo come me, uno che beve vino da clochard direttamente dal cartone, che cena alle dieci del mattino, si sveglia a metà pomeriggio, fa merenda all’ora delle streghe con un kit di Desperados e legge libri illuminato da una selva di candele?
Io e Jean… ma dai, figurati. […]
Autore di testi di successo, ha pubblicato Il Segreto delle Ere con Macro Edizioni (2020); Custodi dell’Immortalità (2015), Dominion – Le Origini Aliene del Potere (2016), Bloodlines – Linee di sangue alieno (2017), Il Tuo Destino Ti Troverà Per Quanto Lontano Tu Possa Andare (2019) e Arcadia – La vera storia del santo Graal (2022) con Verdechiaro Edizioni.
È creatore del personaggio Abigail Rain.